domenica 25 maggio 2014

I Cavalieri dello Zodiaco al cinema


Io ci ho provato spesso, a bruciare il mio cosmo.

Ci provo tutt’ora e temo che mi sarà inevitabile continuare a farlo anche in futuro, ogni qualvolta mi troverò davanti a qualche ostacolo particolarmente arduo da superare.
E’ una delle tante eredità di una (meravigliosa) adolescenza trascorsa nel mito dei Cavalieri dello Zodiaco.

La mia generazione, i trentenni di oggi, è cresciuta con le gesta di Pegasus e compagni negli occhi. Ha fantasticato sulle armature e le costellazioni, si è innamorata della mitologia ed ha coltivato i valori dell’amicizia, della lealtà e dell’onore.
Un mito, quello dei Cavalieri, che continua a vivere, a distanza di quasi 30 anni dalla sua nascita. 
Una leggenda che si arricchirà, fra qualche settimana, di una nuova, interessantissima pagina, con l'uscita nei cinema giapponesi del primo film interamente in computer grafica, tridimensionale, dedicato alla serie storica del Santuario. 
Pellicola che arriverà anche nelle nostre sale, a novembre.

"La forza di un cavaliere dipende dalla capacità di bruciare il proprio cosmo [...] Il cosmo di un cavaliere dipende da un fattore importante e decisivo: il settimo senso!". (Mu di Aries, ep.42)
Da bambino, mi fiondavo a casa del mio amico del cuore ogni giorno dopo la scuola, per seguire insieme in apnea quella mezz’oretta di Italia Uno, che iniziava e finiva sulle note di quelli che “...hanno nomi importanti, sono grandi e forti eroi”. Poi la mezz’oretta si è spostata la sera, il logo in tv è diventato quello di Italia 7, Odeon e Junior tv e le note della sigla ci hanno chiarito che si trattava di “... grandi combattenti, mitici eroi”, ma la mia apnea è rimasta la stessa.

Abbiamo trascorso i pomeriggi estivi a disegnare armature su cartoncini, a colorarle, ritagliarle ed applicarcele addosso con elastici improvvisati. Ho collezionato i modellini snodabili della Giochi Preziosi, perdendomi a fissare il retro delle confezioni, mentre cullavo il sogno di completare l’intera serie e mi sono invaghito in maniera irrimediabile di Tisifone e dei suoi capelli verdi.



Nella mia classifica personale, i Cavalieri dello Zodiaco è IL cartone animato, per antonomasia. Occupa il gradino più alto del mio podio, sopravanzando L’Uomo Tigre e Ken il Guerriero. L’ho idealizzato, negli anni, immedesimandomi nella figura dell’eroe che combatte contro le avversità, oltrepassando i propri limiti. Canovaccio comune a molti degli shonen a cavallo degli '80 e '90, ma che ho sempre trovato particolarmente entusiasmante nei Cavalieri.
Amavo i disegni, i colori, il fatto che i protagonisti fossero ragazzini com’ero io al tempo. Trovavo incantevole quel linguaggio volutamente ricercato, epico, aulico, così diverso da quello usato in tutti gli altri cartoni animati. L’idea dell’armatura, delle costellazioni, del cosmo e della mitologia era inebriante. La storia era avvincente, ricca di pathos, di azione e di ritmo: immedesimarsi era inevitabile.
Al di sopra di tutto, però, era quel sapersi spingere oltre i propri limiti che ammiravo.
Spostare sempre un filo più in là l’asticella, non arrendersi mai e lottare con tutte le proprie forze per quello in cui si crede. Ho sempre trovato affascinante la perseveranza di quei cinque ragazzi che le prendevano di santa ragione, cadevano a terra, scavavano dentro di loro e trovavano nella consapevolezza di sé e del proprio ideale la forza di reagire. Sempre e comunque, fino alla vittoria.

I Cavalieri sono stati scuola di vita, tutto sommato.

Li ho tenuti con me anche negli anni delle medie e del liceo, quando le nostre strade si sono inevitabilmente distanziate, tanto che quando si sono casualmente riunite, verso la fine dell'università, è stato come non esserci mai persi di vista. 
In quegli anni ho imparato a chiamare "Saint" i Cavalieri dello Zodiaco, man mano che divoravo uno dopo l'altro i 28 volumi dell'opera di Masami Kurumada, nell'edizione italiana Star Comics. Così, Pegasus è divenuto Seiya, mentre proseguiva la corsa alle 12 case del Santuario con Shiryu, Shun, Hyoga ed Ikki. 
"I Saint sono i cavalieri che hanno sempre protetto la dea Atena sin dai tempi del mito. Ogni volta che la pace viene minacciata dalle forze del male, essi tornano a nuova vita, e sotto la guida della dea lottano affinché il bene trionfi sul male".
Nelle pagine in bianco e nero del manga, davanti ai tratti spigolosi di Kurumada, ho realizzato che ruolo decisivo avesse giocato il tratto magico di quel genio di Shingo Araki nel successo della versione anime di Saint Seiya. Sfogliando quelle pagine, mi sono sentito spiazzato nel non trovare Hilda di Polaris, Luxor, Mizar e l'intera serie di Asgard al loro posto, così tanto che dopo l'epilogo di Saga al Santuario, sentirmi catapultato sotto i mari al cospetto di Poseidone mi ha causato più di un capogiro.
Poi, di colpo, la stessa apnea di tanti anni prima, con le inedite vicende della serie di Hades.


Sospinto dalla rinnovata curiosità verso quell'ultima parte della storia, del tutto assente dal cartone animato che tanto avevo amato, mi sono ritrovato sul web, proprio nel periodo in cui sui forum montava l'attesa spasmodica per la trasposizione anime della serie di Hades. Era il 2002, poco prima di Natale.


Sulle splendide note struggenti di Chikyuugi, cantata da Yumi Matsuzawa, ero talmente emozionato da commuovermi, quando ho rivisto luccicare i Cloths dei Gold Saints come tanti anni prima. Quei primi 13 episodi del Sanctuary, maestosamente culminanti con lo scontro fra l'Athena Exclamation scagliata da Saga, Shura e Camus e quella di Mu, Aiolia e Milo, sarebbero divenuti i primi anime (di una oggi lunghissima lista, ndr) che mi sono goduto in lingua originale, con i sottotitoli italiani.




Sono trascorsi oltre dieci anni da allora, ma ricordo ancora distintamente lo shock nel non sentire più Ivo De Palma che lanciava il "fulmine di Pegasus"! Con il senno di poi, continuo a credere che senza la scelta coraggiosa del team di Carabelli di optare per un doppiaggio italiano all'insegna dell'epica, I Cavalieri dello Zodiaco non avrebbero avuto il seguito che hanno avuto qui da noi in Italia. Sono loro riconoscente per l'opera d'arte cui hanno dato vita e a lei sono legato emotivamente, in maniera indelebile, ma quel "ryuseiken" di Seiya, l'altisonante "rozan shoryuha" di Shiryu ed il maestoso "hoyoku tensho" di Ikki mi hanno rapito ed emozionato nel profondo. Conquistandomi.

Hanno dato slancio definitivo al mio avvicinamento culturale nei confronti del Giappone.
Dell'estasi suprema del nostro viaggio a Tokyo, pochi anni dopo, riesco tutt'oggi a rivivere le emozioni pulsanti, accarezzando le copertine dei miei due acquisti ad Akihabara.



Il primo volume del manga di Saint Seiya ed il compact disc con la colonna sonora dell'Elysion Hen, la terza parte della saga di Hades, entrambi ancora rigorosamente sigillati nel loro cellophane.
La trasposizione anime della saga di Ade, acclamata nei primi 13 episodi del Santuario, per poi venire aspramente (con piena ragione, ndr) criticata nei restanti 18 episodi del Meikai e dell'Elysion, ha avuto l'indiscusso merito di risvegliare la passione nei confronti di una serie relegata a culto degli anni 80 e data ormai per finita. Invece, fans di vecchia data e nuovi adepti alla corte dei Saints di Athena hanno decretato un nuovo successo planetario per la creazione del maestro Kurumada, targata anno 1985 con la prima serializzazione su Shonen Jump. Inevitabile che le regole del business portassero quindi a spremerne fino all'ultima goccia.
Così, fra spin off, prequel, sequel, videogames e vecchi progetti portati a nuovo, dal 2006 in avanti, il brand Saint Seiya è stato inflazionato in maniera a mio avviso eccessivamente commerciale, perdendo ahimè buona parte del suo fascino originale. 

Ho concesso una chance ad Episode G, manga affidato al tratto barocco di Megumu Okada, incentrato sulle gesta del giovane Aiolia, Gold Saint del Leone, nella lotta contro i Titani. Non ne sono rimasto soddisfatto.

Ho dato una possibilità anche alla promettente Shiori Teshirogi, cui Kurumada ha commissionato la realizzazione del Lost Canvas - Il Mito di Ade, prequel di Saint Seiya ambientato ai tempi della prima Guerra Sacra combattuta da Sion e Dohko, maestri di Mu e Shiryu. Nemmeno da quest'opera sono rimasto impressionato, tanto che ho deciso di non visionare nemmeno le due serie anime che ne sono successivamente scaturite, con discreto successo, in patria.
Quanto al Next Dimension, antico progetto di Kurumada, tutt'ora in corso di svolgimento, sospendo il giudizio, ma non sono troppo confidente. Finora, l'ho trovato piuttosto confusionario e scialbo. Sorvolo infine volutamente su Saint Seiya Omega, su cui stendo un velo pietoso.

L'impressione di fondo, di fronte ad ogni rivolo ed adattamento, è che, quantunque il lavoro sia buono, valido, qualitativamente all'altezza ... non sarà mai il vero Saint Seiya.

Saint Seiya vive nella corsa alle dodici case, fra i ghiacci di Asgard, sotto i pilastri delle sette colonne in fondo ai mari e nei gironi di Inferno e Paradiso presieduti dal Dio Hades. Nella cieca fiducia di Saori/Athena che infonde forza al ryuseiken di Seiya. Vive nel sacrificio di Shiryu, nel "daiamondo dasuto" di Hyoga.
Brilla nella pienezza del Dragone all'undicesima casa, nell'epica lotta di Ikki e Shaka alla sesta casa, nelle lacrime di Camus alla settima e nello Scarlet Needle di Milo, la fatale puntura di Antares.
Risuona nelle melodie eteree dell'arpa di Mime e dell'arpeggio di Orfeo, come nel Galaxian Explosion di Saga e di Kanon.
Tenma, Aron, Ponto, Kouga e compagnia bella, per me, non saranno mai Saint Seiya.
"Sirio, hai raggiunto la Pienezza del Dragone, perché...?! [...] hai vissuto per la giustizia e per gli altri, non per te stesso, hai dato anche la vita, perché l'hai fatto!? Oh Atena, vivere per la giustizia e gli altri è bello ma... è triste... come è triste". (Dohko della Bilancia, ep.66)  
Per questo, sono così dubbioso di fronte a quest'ultima novità, il film in computer grafica di Saint Seiya. Dubbioso ed allo stesso tempo così dannatamente incuriosito da questa inattesa news.



E' di ieri, infatti, la notizia dell'acquisizione dei diritti, per il mercato italiano, da parte di Lucky Red. E' una ottima garanzia, a mio parere, di lavoro professionale, accurato e di qualità. Mi fa ben sperare.

Il film, interamente realizzato in CG e 3D, vedrà la luce in terra nipponica nel mese di giugno di quest'anno, mentre arriverà nei cinema di casa nostra solo a novembre. Per i più impazienti, l'anteprima mondiale sarà ad Annecy, nell'ambito del famoso festival dell'animazione internazionale.
Sono molto curioso di vedere questa produzione, affidata alla sapiente regia di Keiichi Sato. Non sono un amante della computer grafica, ma sin dai primi teasers trapelati sul web qualche mese fa, ho avuto l'impressione si trattasse di un buon prodotto. Le animazioni sono spettacolari, la resa dei fondali e dei personaggi pare essere eccellente ed il comparto tecnico (sia audio che video) sembra di prima qualità.

La trama è incentrata sulla prima parte della serie storica, quella ambientata al Santuario e vedrà come protagonisti i cinque Bronze Saints, nella loro lotta ai Cavalieri d'Oro per salvare la vita ad Athena.
Sono curioso per un aspetto su tutti: il doppiaggio, ovviamente. La scelta ricadrà sulle voci di Ivo De Palma & co., nel solco del cosiddetto doppiaggio storico, oppure si opterà per qualcosa di più fedele ai dialoghi orginali, come ultimamente Lucky Red ha fatto, ad esempio con il nuovo adattamento di Mononoke Hime di Myazaki?
Aspetto con ansia novembre per fugare questi miei amletici dubbi.

Una cosa è certa.
Se nell'apnea di quei miei pomeriggi di bambino qualcuno mi avesse predetto che, oltre vent'anni dopo, mi sarei ritrovato al cinema a vedere i miei stessi Cavalieri dello Zodiaco uscire in 3D dallo schermo ... beh, probabilmente gli avrei riso in faccia!

E avrei continuato a bruciare il mio cosmo.


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