lunedì 9 marzo 2015

Camminata della Val Nizzola


Correre la Val Nizzola ha sempre il suo perché.
Sarà che l’inizio di marzo spinge sempre un po’ più in là l’inverno o che correre sui saliscendi che da Solignano Nuovo accompagnano su fino a Levizzano e Puianello spezza le gambe, ma riconcilia con il mondo.
Ieri mattina c’erano sole pieno e temperatura perfetta per correre. Non è stata una sorpresa trovarsi al via, vicino al campo sportivo di Solignano, insieme a qualcosa come 2.400 runners. Organizzazione perfetta, atmosfera rilassata e clima di festa: un vero spettacolo.


Ho fatto i 15 chilometri. Per un motivo o per l’altro, quando arriva l’appuntamento con la Val Nizzola va sempre a finire che non ho la mezza nelle gambe e rimando i 21 all’anno dopo. Poco male, sto crescendo con gradualità, senza strappi e la corsa di ieri è stata una favola.

Non tanto per il cronometro, quanto per le sensazioni e la fluidità di corsa. Sono la facilità di movimento ed il piacere che ho provato durante l’oretta di sgambata che mi hanno lasciato parecchio soddisfatto. Ritmo controllato, ma sostenuto e soprattutto progressione continua con arrivo brillante. Non è scontato, su un percorso impegnativo come quello della Val Nizzola.


Pronti-via, si parte con la lieve discesa che dal centro di Solignano scorta il fiume di podisti sulla via Nizzola. Costeggiamo il torrente omonimo per poi iniziare la risalita verso Levizzano. Subito dopo il bivio che separa chi opta per i 9 chilometri da chi invece sceglie i 15 ed i 21, inizia il primo strappo degno di nota. Busto avanti, passo accorciato e pulsazioni che salgono di frequenza, man mano che lo sguardo si apre sulla Val Nizzola e sulle colline subito dietro Solignano. Con il sole pieno ed il primo verde dell’anno, è proprio un bell’andare, tanto che la fatica la si parcheggia di lato. E trovo il tempo per una foto volante mentre corro.


Incontro un ragazzo con un buon passo. 
Ha gli auricolari piantati nelle orecchie e le gambe che girano fluide. Gli sto a ruota, percorrendo il tratto di sterrato che si inerpica su in alto. Qualche slalom fra i sassi del selciato, le buche più o meno insidiose ed i camminatori più intraprendenti che giustamente non vogliono rinunciare ad una gita panoramica. Lo strappo che conduce alla rocca di Levizzano è di quelli che invitano a zittire ogni conversazione, in attesa che il falsopiano consenta di ristabilire il battito. Nella piazzetta, uno sguardo alla terrazza dell’Artista, teatro di mille venerdì e sabati sera, poi su ancora a lambire il piazzale della Chiesa. Non posso evitare di gettare uno sguardo al bivio che conduce ai 21, accettando che anche il 2015 non sia il mio anno per provare la mezza. Arriverà, intanto mi godo l’ottimo passo con cui spingo in salita: i polpacci rispondono docili ed il fiato regge. Avanti.
Nel frattempo il mio compagno di corsa corre al mio fianco. Scambiamo due chiacchiere di circostanza. Mi piace sempre fare la conoscenza di perfetti sconosciuti durante la corsa, condividendo un ritmo che ci accomuna ed una meta verso cui tendere. Tiriamo a turno, mentre si alternano le discese e le salite. Arriviamo in vetta e la vallata si apre sotto di noi, incantevole. Continuiamo a correre, il cronometro del mio sparring partner suona un paio di segnali ed io mi ricordo di gettare un’occhiata al mio, per la prima volta: il display mi comunica che ne ho 11,6 già alle spalle e che stiamo girando ai 4’08”/km. Non l’avrei mai detto, né in termini di distanza percorsa, né di ritmo. Andiamo parecchio bene.


Un bicchiere di lambrusco al ristoro ed una fetta di crostata, quelli doc che ci riserva il check point in cima, nei pressi dell’agriturismo La Cavaliera ci starebbe tutto, ma buttiamo lì una battuta e sappiamo entrambi che non ci fermeremo. Siamo agli sgoccioli, manca ancora lo scoglio finale: la discesa di via del Vento è talmente ripida che, per i miei gusti, risulta di gran lunga più complicata delle salite. Lascio andare le gambe, con i quadricipiti che si contraggono e le piante dei piedi che sbattono con maggiore veemenza sull’asfalto. Non amo la velocità da discesa, ho sempre paura di mettere fuori asse una caviglia e tanti saluti. Allo stesso tempo, è rilassante percepire l’aria in pieno viso ed avvertire quella sensazione di frescura sulla maglietta sudata. Lascio andare ed arrivo alla fine. Mi volto indietro mentre le gambe riprendono a girare a ritmo in piano ed attendo che il mio compagno di corsa ricucisca le distanze.
Mi spiega di come sia alla quinta settimana di allenamento per la maratona e del timore di vanificare tutto per un infortunio. Sta preparando Boston. Che meraviglia! Dev’essere una gara di quelle che ti rimangono nel cuore. La racconterò sulle pagine della Gazzetta, se lo vorrà.
Manca appena un chilometro all’arrivo. L’ultima salita che ci riporta nel centro di Solignano Nuovo. Aumentiamo il ritmo, nonostante il dislivello. Ne ho ancora e spingo con la gioia che ti dà arrivare alla fine e sentirsi ancora del margine per tirare. Transitiamo sotto l’arco gonfiabile in 1h08’54”. Un cinque volante che è “grazie”, “ciao” e “siamo andati alla grande”, tutto insieme.
Francesca mi raggiunge sul traguardo, sorriso in volto e mimosa in mano. Ha fatto i 9 ed anche per lei è stata una gran bella mattinata. Due chiacchiere di qua e di là, la doccia ed altre due risate al ristoro.


Sono pienamente soddisfatto. 
Un 15 di questo tipo ai 4’36”/km di media è un bel risultato, specie venendo dalla 3x2000 corsa appena un giorno prima. Spulciando i vecchi archivi, mi ritrovo una prestazione 2012 perfettamente sovrapponibile. Allora chiusi in 1h07 e rotti, ai 4’34” ed ero in piena preparazione per la maratona di Padova. 

Oggi l’obiettivo è completamente diverso: aggredire il muro dei 40’ sui 10mila.
Ci riuscirò? 

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