mercoledì 14 gennaio 2015

I Cavalieri dello Zodiaco - La Leggenda del Grande Tempio


Ieri sera si è verificata la giusta congiunzione astrale (mai definizione fu più azzeccata) e finalmente ci siamo goduti I Cavalieri al cinema.
Era d’obbligo presenziare all’evento insieme ad Andre
Un po’ come lo era trovarci dopo la scuola per quella mezz’oretta sacra di cartone in tv.
Più di vent’anni fa.
E, vista la fauna in sala, direi che fossero in tanti nelle nostre stesse condizioni. 
Bello.
Ma allora, com’è ‘sto film?
Non ci giro troppo intorno, a me è piaciutoAnzi a noi, è piaciuto.
A conti fatti, mi rendo conto di essere una voce fuori dal coro. Nell’immediato post proiezione ed oggi stesso, ho raccolto più pareri negativi sulla pellicola che riscontri entusiasti. Questo non cambia il mio giudizio sull’opera. 

Se ne avete voglia, mettetevi comodi che provo ad argomentare con dovizia di particolari.

Comparto grafico/tecnico.
Non avevo mai visto un film in computer grafica sul grande schermo e ne sono rimasto impressionato. La qualità tecnica dell’opera di Keiichi Sato credo sia uno dei pochi aspetti che mettono tutti quanti d’accordo.


La resa dei personaggi l’ho trovata eccellente, sia sotto il profilo dell’espressività, che nella fluidità dei movimenti. I volti di tutti i protagonisti sono curati nei minimi dettagli e, personalmente, mi è molto piaciuta la scelta di apportare qualche modifica fisionomica che restituisca modernità al loro aspetto. 


Penso al piercing sul labbro inferiore di Aiolia, al pizzetto accennato di Aiolos e di Aiolia stesso, ma soprattutto alla resa di due Gold Saints speciali quali Death Mask e Milo. 



Se per il primo sono veramente uno spasso la caratterizzazione e le varianti estetiche in stile afro rispetto all’originale, vedere poi scagliare lo Scarlet Needle da una avvenente donzella dalla chioma fucsia devo ammettere abbia il suo perché. Scelta originale, che sicuramente troverà nei puristi del (a mio parere) più affascinante Cavaliere d’Oro parecchi detrattori, ma che, proprio per il suo coraggio stilistico merita apprezzamento. Più scontato sarebbe stato cambiare il sesso di Aphrodite, no?
Qualcosa da ridire sugli occhialini da intellettuale di Mu, sontuoso Aldebaran con anella al naso e particolarmente riuscito anche Shura.


In generale, tutti i Gold ne escono alla grande, graficamente parlando. Perfetti nel loro fascino, garantito dai luccicanti clothes, che sono vere e proprie opere d’arte. Rese alla perfezione, con dovizia di dettagli e varianti spesso appropriate rispetto agli originali. Non mi ha entusiasmato la scelta dell’elmo a chiusura avvolgente, pseudo magica, modello Kamen-Rider. Discutibile, sia per veridicità che per effetto. Trovavo molto più d’impatto e sicuramente più epici gli elmi classici delle serie animata, a volto scoperto.


Due parole le meritano i fondali. 

Che la CG faccia miracoli ormai lo si sa. Da Final Fantasy in poi, fino all’ultimo Harlock, ne abbiamo avuto conferme su conferme. Spettacolari quindi, senza dubbio, lo sono anche i fondali di Saint Seiya. 


Giustamente, a mio parere, ci si è discostati dalla rappresentazione classica del Santuario di derivazione anime. L’idea strizza più l’occhio al Quinto Elemento di Besson, all’Aria di Jun'ichi Satō o ad un Kyoukai Senjou no Horizon per arrivare più ai giorni nostri, con solo qualche elemento di continuità rispetto alla serie classica di Kurumada. Non mi ha fatto impazzire l’idea delle 12 case sospese su una specie di tangenziale aerea, nè tanto meno l’aspetto a punta di tutte le dimore, pur se graficamente perfette. Molto più d’impatto l’interno delle singole case. 


Qui la resa della CG merita una promozione a pieni voti. Riflessi e giochi di luce spaziali, con il culmine nella casa dell’Acquario (in stile saga di Poseidon, con tanto di sette colonne) ed in quella del Toro (la tavola imbandita e la fiorentina nel piatto sono un 10 e lode).


Santuario a parte, le location terrene, specie le notturne alla tenuta dei Kido e quelle iniziali sul ponte stradale, sono semplicemente favolose. Così come le sfumature dei cieli, sia nelle scene diurne che in quelle notturne. Non sono quelle di Shinkai, vero, ma ammetto che le ho trovate un vero piacere per gli occhi.
Comparto grafico/tecnico: voto 8,5.

Comparto audio.
Piacevole, specie quando il pathos sale di tono durante gli scontri. Godersi al cinema le esplosioni di cosmo vale buona parte del prezzo del biglietto, ciò nonostante, niente di eclatante.
Le musiche sono appropriate e la colonna sonora supporta bene le scene, anche se non mi è rimasto impresso nulla di clamoroso. La resa del reparto musicale nella serie classica animata, onestamente, vince a mani basse il confronto.  Avrei preferito una presenza più massiccia di cantato giapponese: una rappresentanza dello stile Kajiura, eventualmente declinato in forma di Fiction Junction o ancora meglio Kalafina, lo avrei trovato particolarmente adatto, vista la tematica.
Con tutto il rispetto per la splendida Hero di Yoshiki (che mi è piaciuta davvero molto) sui titoli di coda, almeno una ending altrettanto epica, ma in giapponese, tipo Hanamori no Oka, la pretendevo.



Comparto audio: voto 6,5 (di incoraggiamento).

Trama.
La trama ricalca, in sostanza, la corsa di Seiya e compagni attraverso le dodici case, con un lungo excursus iniziale sulla presa di coscienza da parte di Saori sul suo ruolo di Dea  Athena.


Il risultato l'ho trovato piacevole e decisamente coinvolgente nella prima parte della pellicola e per buona parte del Santuario. Purtroppo, tuttavia, finisce per perdersi alla distanza, fondamentalmente per ragioni di tempo. 
Impossibile infatti stipare in soli novanta minuti tutta l’enormità degli avvenimenti della prima serie di Saint Seiya. Se fino allo scontro con Aiolia il ritmo aveva palesato un virtuoso bilanciamento fra profondità di dettagli e velocità della narrazione, dalla casa del Leone in poi l’accelerazione è spropositata. I salti narrativi risultano purtroppo eccessivi e la sintesi necessaria per contenere la durata della pellicola nell’ora e mezza penalizza in parte la godibilità del tutto, fino a quel momento invece perfetta.


Si sono resi necessari tagli e variazioni sul tema rispetto all’originale che in certi casi ho trovato interessanti, ma che in altri definirei quasi sacrileghi
Su tutte, penso allo scontro fra Shaka ed Ikki o quello fra Shura e Shiryu. Di entrambi, nel film non vi è traccia. E, probabilmente, è meglio così, visto che nessun remake potrà mai reggere il confronto con il “ci oscureremo in un mondo di luce” o la “pienezza del Dragone”.
Vado invece controcorrente con riferimento ai combattimenti. Promossi, a mio parere! Non sono molti e probabilmente tendono ad essere troppo corti, ma a mio parere sono ben fatti, specie quello fra Shiryu e Death Mask e quello che vede contrapposti Seiya con Aldebaran prima e Aiolia poi. Inevitabilmente (sempre per questioni di tempo) sono meno carichi di pathos, eroismo ed epicità di quelli originali, ma compensano ed abbondano in termini di spettacolarità e resa grafica, con effetti speciali notevoli.



L’aspetto obiettivamente più discutibile del film è il finale.



Come quasi a tutti, non mi è piaciuto. 
La trasformazione di Saga in stile Seth di Street Fighter IV, appare spropositata ed eccessiva. Un po’ come la centaurizzazione di Seiya con l’armatura del Sagittario. 
Un po’ troppo, dai.
Ed è un peccato perché, per larga parte del film, il giudizio era assolutamente pregevole.

Viene da chiedersi: c’era davvero bisogno di optare per un remake del Santuario? Non sarebbe stato meglio cambiare radicalmente setting, senza scoprire il fianco a confronti con il mito?
Credo, sostanzialmente, che una scelta di discontinuità più radicale rispetto alla trama classica avrebbe potuto portare risultati più intriganti.
Trama: voto 6 (media fra l’8 della prima parte ed il 4 del finale).

Caratterizzazione dei personaggi.
La vera sorpresa, per me, in senso decisamente positivo.
Non ho mai amato troppo la computer grafica. Ho sempre preferito la maggiore libertà espressiva garantita dalla matita, seppur in due sole dimensioni. Parere che ha sempre assunto particolare forza con riguardo all’espressività dei personaggi ed alla capacità di caratterizzazione che ne consegue.
In questo, Saint Seiya mi ha decisamente fatto cambiare opinione al riguardo.
Saori e Seiya sono oggettivamente i due protagonisti del film ed è su di loro che viene compiuto il maggior sforzo dal punto di vista del focus. 





In Saori, nello specifico, è apprezzabile la crescita del personaggio e la profondità che assume nel corso della storia, man mano che acquisisce consapevolezza del proprio ruolo. 





I primi piani e la varietà di espressioni, unitamente all’inedito (e riuscitissimo) cambio di look (dal capello lungo al caschetto) la qualificano come personaggio maggiormente riuscito dell’opera. A mio parere, la Saori in CG arriva nettamente a superare quella della serie anime.



Seiya, parimenti, gode della luce dei riflettori dall’inizio alla fine. Alterna, come da copione, atteggiamenti da giullare di corte a fasi eroiche, offrendo una pluralità di espressioni che ne facilita la caraterizzazione. Risulta piacevole e divertente, forse un po’ meno stucchevole di quanto non accada nelle serie animata.

I restanti Bronze Saints sono comprimari e, tolto Shiryu, che gode di qualche attenzione in più rispetto a Hyoga e Shun, risultano solo accennati. Difficile inquadrarli nella loro complessità per chi non li conosce dall’opera originale. Certamente risultano meno affascinanti.





Ikki, con buona pace dei suoi tanti estimatori, risulta il personaggio più sacrificato. Scelta opinabile, proprio in considerazione del seguito che vanta il Saint della Fenice. Compare solo a metà film (e questo può anche essere accettabile, visto il personaggio), ma scompare totalmente dalle fasi di lotta nel Santuario. 



Inspiegabile, a mio avviso, la scelta di non far menzione dello scontro con Shaka, inventandosi un discutibile duello (peraltro solo accennato e decisamente poco coinvolgente) contro Shura, nella casa del Sagittario.


Le note più dolenti, purtroppo, arrivano dai Gold Saints, che, se graficamente appaiono in tutto il loro fulgore, dal punto di vista della profondità caratteriale risultano talvolta appena accennati, anche qui a causa del troppo poco tempo a disposizione per approfondirli tutti e 12. 

Tolto Death Mask (il più originale e spassoso di tutti nel film, sicuramente il meglio riuscito) ed Aiolia, su cui ci si dilunga maggiormente, lasciando anche intravedere traccia di una maturazione caratteriale, gli altri assoluti protagonisti dell’opera di Kurumada (e del tratto di Araki nella versione anime) sono solo comparse. Di Dohko non vi è traccia alcuna, Aphrodite compare per dieci secondi appena (nel corso dei quali cade, per mano di Saga) e Camus perde tutta la sontuosità e la regalità del proprio personaggio nei pochi istanti del duello con Hyoga. 

Si salvano Aldebaran, Shura e Milo, i cui combattimenti ne lasciano intravedere aspetti interessanti e soprattutto un’ottima resa dei colpi segreti (il Great Horn e lo Scarlet Needle su tutti). Mu l’ho trovato un po’ insulso e Saga alterna momenti alti (quando scaglia il Galaxian Explosion sul finale o costringe Aphrodite all’Another Dimension) ad una fase finale che lo ridicolizzano quasi. Su tutti, tuttavia, chi ne risente maggiormente, sia a livello di carisma che di fascino, è senza dubbio Shaka, relegato inspiegabilmente a fugaci apparizioni senza spessore. Proprio lui che esce dalla serie di Hades come Gold Saint principe.


Stendo un velo pietoso infine sulla figura di Tatsumi. Ne esce come un piagnoso essere indifeso, con poco nerbo e zero midollo. Nulla a che fare con il combattivo maggiordomo tuttofare dei Kido.
Caratterizzazione dei personaggi: voto 7 (8 ai Bronze e 6 stiracchiato ai Gold).

Doppiaggio.
Ero parecchio curioso su questo aspetto. 
Sapevo che la scelta era infine ricaduta sul doppiaggio storico, a scapito di un’adattamento più fedele alla versione originale (strada che ultimamente pare invece essere la più battuta, anche in Italia, Mononoke Hime docet). Devo dire che sono tutt’ora molto indeciso sulla mia posizione in merito: la serie di Hades e la riscoperta del manga mi ha portato a familiarizzare maggiormente con i nomi originali dell’opera. Faccio quindi fatica a parlare di Pegasus ed Isabel, la scelta dei nomi utilizzata in questa mia recensione ne è testimonianza.


Ammetto però che sentir risuonare al cinema il Fulmine di Pegasus di Ivo De Palma fa sempre il suo effetto. Effetto nostalgia, forse, ma senza la sovrabbondanza di linguaggio aulico che, volente o nolente, è stato fortuna delle serie classica. A conti fatti, inserirsi nel solco della continuità optando per il doppiaggio storico, proprio visto il target medio cui questo film va a rivolgersi, penso possa essere stata una scelta giusta.

Una nota di merito infine, come sempre, a Danja Cericola, che ha prestato ancora una volta magistralmente la voce a Saori e a Marco Balzarotti, che mi ha fatto sussultare scagliando il Colpo Segreto del Drago Nascente.
Non vedo l’ora comunque, non appena disponibile in home video, di gustarmi la pellicola anche in lingua originale, con sottotitoli.
Doppiaggio: voto 7,5.


In conclusione, I Cavalieri Dello Zodiaco – La leggenda del Grande Tempio è un bel film, che merita di essere visto. 
Non è certamente un capolavoro, nè tanto meno può rivaleggiare in epicità con la serie classica animata di Saint Seiya, ma non sfigura assolutamente, anzi.
Non si tratta di un film per puristi del genere o per nostalgici alla ricerca di un confronto: se questi sono gli assunti di partenza, meglio non cimentarsi nemmeno nella visione.
Se invece lo si guarda con l’intento di gustarsi un piacevole e scoppiettante riassunto della saga principale, rivisitato in chiave moderna, non tradisce le attese e regala momenti coinvolgenti ed entusiasmanti.

Blu ray assicurato nella mia videoteca personale.

Voto finale: 7+.  
all pictures credits www.filmtv.it      

2 commenti:

  1. Comincio facendo i complimenti a Fillo perché leggere il suo blog è sempre un piacere.

    Dovete capire che circa 27 anni fa un bambino, ricciolone e robustello, tornò a casina dove lo aspettavano i suoi bei maccheroni al ragù.
    Ora, pensate che come tutti i giorni quel bambino accende la TV su Odeon TV e, un pò per magia un pò perché al tempo non avevamo ancora la TV con il telecomando, si spara tutto il primo episodio dei Cavalieri dello Zodiaco… senza toccare(ricordatevi il robustello) neanche un maccherone.
    Dopo 27 anni il bambino è cresciuto, i riccioli si sono allungati resta un vorace consumatore di maccheroni al ragù e adora i Cavalieri.

    La grafica è strepitosa.
    Armature riuscite, discutibile la scelta dei neon su quelle di bronzo ma non formalizziamoci.
    Le case sono riadattate in maniera stupefacente e quella di Camus è meravigliosa.
    Le mosse possono sembrare uscite da un videogioco, ma hanno trovato il giusto rapporto rapidità mosse/ti faccio capire cosa succede.
    Rappresentare la scalinata al Santuario come la E74/E80 non mi lascia soddisfatto, ma non fossilizziamoci su questo.

    Trama.
    Saori impara di essere la dea Atena e che verrà protetta dai Cavalieri dello Zodiaco, gli stessi che due secondi dopo cercano di farle la pelle tranne Seya, Shiryu, Hyoga e Shun che la salvano da un destino infame.
    La nostra eroina si strugge senza sapere cosa fare o non fare, finchè non arriva Betelgeuse e la colpisce con la freccia.
    A questo punto decidono di andare al Santuario per chiedere come mai tutto questo astio e lì magicamente in meno di 24 ore Saori capisce effettivamente cosa vuol dire essere la dea Atena.
    Ora sarà una Dea, sarà perspicace, ma fino al giorno prima non sapevi dove sbattere la testa e il giorno dopo ti si apre la mente?!?
    Per me questa cosa non ha alcun senso… cavoli, hai 90 minuti se ti vai a impegolare in una cosa introspettiva sai già di non riuscire a portarla avanti bene.
    L’idea originale può starci, ma se quella che partorisci non regge appoggiati sulla storia esistente.

    I combattimenti.
    In una storia fondata sulle dodici case ci si aspetta alcuni combattimenti, invece a parte tre bei combattimenti Seiya Vs. Aldebaran, Shiryu Vs. Death Mask(sono buono perché parliamo di solo due mosse) Seiya Vs. Ioria, gli altri sono quasi inesistenti.
    Anche qui si fregano da soli mettendo i Cavalieri d’oro hai sicuramente un impatto visivo e carismatico molto forte, ma sono troppi per un film di 90 minuti.
    Sarebbe stato più “onesto” inventarsi una storia nuova o proporre quella dei Cavalieri neri.
    Fai cinque scontri, ognuno combatte i minuti che gli spettano e l’ultimo combattimento tutti a terra tranne Seiya che con l’aiuto del Cosmo dei 4 amici mena il boss di turno.

    SPOILERONE:
    Parliamo del primo combattimento con Saga quando Seiya tira il pugno dove si vedono le armature degli amici che appaiono sul suo braccio… potevano evitarselo.
    Avrei fatto scena epica con i cosmi di Shiryu, Shun, Hyoga e Ikki convergenti su Seiya uno per volta e con dietro l’immagine del segno e/o costellazione.
    Grazie all’aura multicolore parte un pugno che la metà basta… con ovazione generale in sala e gente sconosciuta che si abbraccia commossa da questo momento idilliaco.

    Personaggi:
    Shiryu è passato da assenato e meditativo a professorino di Storia dell’Arte, sarà che era il mio preferito ma questo re-style non mi piace.
    Hyoga, Shun, Ikki, Aphrodite, Doko non pervenuti.
    Tre dei cinque sopra riportati sono personaggi principali.
    Mur non mi è piaciuto, ma questa può essere una cosa personale.
    Gli altri Cavalieri d’oro sono riusciti anche se Shaka, Milo(o forse Mila), Shura e Camus fanno pochino.

    Alla fine con la grafica hanno centrato l’obbiettivo, i cambiamenti possono starci e piacere o meno in base alle preferenze personali.
    Il problema è che ne viene fuori un minestrone che, per quanto alcuni ingredienti siano buoni, una pentola di 90 minuti non può contenere.

    PittoQuote: Quando ero giovane, i Cavalieri portavano l’armatura sulle spalle, non avevano al collo le carte Magic da tirare nel momento del bisogno.

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    1. Grande Pitto...come previsto, alla fine non siamo poi su posizioni troppo distanti!
      Sapevo che non mi avresti deluso con il tuo commento, che condivido per larghi tratti. Hai proprio ragione, anche Andre aveva commentato allo stesso modo in sala: le armature nello scrigno in spalla erano tutta un'altra cosa :)
      Grazie mille, a presto
      ps: l'immagine dei maccheroni rende parecchio ;)

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