Una corsa surreale, fatta di silenzi, respiri affannosi e
salita ininterrotta.
Allo sforzo fisico si è preparati, a quello mentale,
derivante dal sapere soltanto di dover salire, salire e salire ancora
dall'inizio alla fine della gara, a quello, sempre un po' meno.
E forse il
bello sta proprio lì, nell'impresa.
Nel battito che accelera, ma che in fondo
si adatta, di pari passo con le gambe.
Saranno la giornata di sole, il cielo
terso, la temperatura perfetta ed un panorama che riconcilia, un tornante dopo
l'altro. Gli applausi ai ristori, gli incitamenti ad Ospitale ed il fresco
dell'ombra che avvolge a tre chilometri dalla fine, quando il bosco di faggi ed
abeti inghiottono la vista ed i passi ormai pesanti.
Perché il rifugio di
Capanno Tassoni è prossimo e allora rimane solo la soddisfazione.
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